Cosa curi tu-amico cavallo?Interventi assistiti con gli animali: Un processo basato sull’evidenza clinica.

01.09.2021

In precedenza chiamata "Ippoterapia", oggi definita come Intervento assistito con l'animale (IAA), il lavoro di riabilitazione con l'aiuto del cavallo, è una tecnica di intervento a valenza curativa o ludico-ricreativa che si avvale del sostegno dell'animale. I primi accenni all'uso del cavallo a scopi terapeutici risalgono al 1758 in un trattato dal nome "La salute tramite l'equitazione", ma sarà con la II Guerra Mondiale che l'ippoterapia diventerà una vera e propria tecnica a valenza terapeutica, sperimentata negli ospedali inglesi con i reduci della guerra, per riabilitare disturbi fisici e psichici post-traumatici (testo FISE "Testo Guida di Riabilitazione Equestre"). Il sostegno dell'animale nel percorso di riabilitazione e terapia è stato per anni lasciato alla creatività dell'istruttore o del pedagogista, ma non può più considerarsi soggettivato alla formazione del singolo operatore. Infatti "In Italia la pet therapy era già stata riconosciuta come cura ufficiale dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 febbraio 2003 che recepisce l'Accordo 6 febbraio 2003 tra il Ministro della Salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano in materia di benessere degli animali da compagnia e pet therapy, su proposta del Ministro della Salute." (Istituto superiore di sanità). Nel 2015 sono state istituite delle linee guida per gli Interventi Assistiti con gli Animali. Queste linee guida differenziano tre diversi tipi di Intervento:

- Terapia assistita con gli animali (TAA)

"Intervento a valenza terapeutica finalizzato alla cura di disturbi della sfera fisica, neuro e psicomotoria, cognitiva, emotiva e relazionale, rivolto a soggetti con patologie fisiche, psichiche, sensoriali o plurime, di qualunque origine. L'intervento è personalizzato sul paziente e richiede apposita prescrizione medica. La riabilitazione equestre è una TAA che prevede l'impiego del cavallo."

- Educazione assistita con gli animali (EAA)

Intervento di tipo educativo che ha il fine di promuovere, attivare e sostenere le risorse e le potenzialità di crescita e progettualità individuale, di relazione ed inserimento sociale delle persone in difficoltà. L'intervento può essere anche di gruppo e promuove il benessere delle persone nei propri ambienti di vita, particolarmente all'interno delle istituzioni in cui l'individuo deve mettere in campo capacità di adattamento. L'EAA contribuisce a migliorare la qualità di vita della persona e a rinforzare l'autostima del soggetto coinvolto. Attraverso la mediazione degli animali domestici vengono attuati anche percorsi di rieducazione comportamentale. L'EAA trova quindi applicazione in diverse situazioni quali, ad esempio:

• prolungata ospedalizzazione o ripetuti ricoveri in strutture sanitarie;

• difficoltà dell'ambito relazionale nell'infanzia e nell'adolescenza;

• disagio emozionale e psicoaffettivo;

• difficoltà comportamentali e di adattamento socio-ambientale;

• situazioni di istituzionalizzazione di vario tipo (istituti per anziani e per pazienti psichiatrici, residenze sanitarie assistenziali, comunità per minori, carceri, ecc.);

• condizioni di malattia e/o disabilità che prevedano un programma di assistenza domiciliare integrata.

- Attività assistita con gli animali (AAA)

Intervento con finalità di tipo ludico-ricreativo e di socializzazione attraverso il quale si promuove il miglioramento della qualità della vita e la corretta interazione uomo-animale. Non rientrano nelle AAA le attività sportivo-agonistiche con animali. Nelle AAA la relazione con l'animale costituisce fonte di conoscenza, di stimoli sensoriali ed emozionali; tali attività sono rivolte al singolo individuo o ad un gruppo di individui e promuovono nella comunità il valore dell'interazione uomo-animale al fine del reciproco benessere. Le AAA in alcuni casi sono propedeutiche alle TAA/EAA e sono finalizzate, tra l'altro, a:

• sviluppare competenze attraverso la cura dell'animale;

• accrescere la disponibilità relazionale e comunicativa;

• stimolare la motivazione e la partecipazione." (Istituto Superiore di Sanità).

Con questa nuova legislazione non si intende solo chiarire nettamente il valore della "specificazione e differenziazione" dell'intervento terapeutico (obiettivi-metodi-utenza), partendo sempre dai bisogni dell'utenza e costruendo gli obiettivi del progetto; anche si intende specificare il ruolo centrale delle diverse figure in campo: del coadiutore tecnico per l'animale, che si assume la responsabilità della gestione dell'animale sulla base dei criteri stabiliti dal medico veterinario; del responsabile del progetto che si occupa della gestione dell' équipe del progetto terapeutico e della persona fragile che lo svolge come utente. Egli dovrà essere una figura sanitaria (al D.L. 19/02/2009) o appartenente a professione sanitaria (ex. Legge 43/2006 e D.M 29/03/2001); in ultimo del referente di intervento che è quella figura che prende effettivamente in carico la persona durante la sessione di lavoro con l'animale e opera per il raggiungimento degli obiettivi terapeutici. Queste figure devono aver partecipato a corsi di formazione specifica ed aver ottenuto un attestato di frequenza che certifichi la formazione. Gli animali che vengono considerati specie in grado di "instaurare relazioni sociali con l'uomo sono: cane, cavallo, asino, gatto, coniglio", devono avere requisiti sanitari e comportamentali, valutati dal medico veterinario (secondo art. 7 della Convenzione europea per la protezione degli animali e legge n.201/2010). Queste note legislative sono essenziali per comprendere come non ci si possa improvvisare tecnici di IAA; non è sufficiente essere istruttori equestri, né avere un cavallo proprio su cui far salire amici e parenti. Gli IAA sono interventi tecnico-specialistici di natura riabilitativa, che usufruendo della disponibilità di un terzo essere vivente, l'animale, debbono considerare anche il benessere di questo e la cura dello stesso. Questi interventi si sono dimostrati estremamente funzionali ed efficaci clinicamente non solo su persone normodotate con problematiche psichiche, ma anche su persone affette da Autismo (Schopler, 2003), Sclerosi Multipla (Bronson et al., 2010), Paresi Cerebrale (Guindos-Sanchez et al., 2020) e altre sintomatologie quali sindromi di Down, Distrofia Muscolare, Malattie cerebro-vascolari, spinali e reumatiche (Koca e Ataseven, 2015).

Perché gli interventi con gli animali si sono dimostrati tanto funzionali?

In primo luogo si può chiamare in causa il famoso "oggetto transizionale" winnicottiano. L'animale, come oggetto/soggetto neutrale, diventa veicolo di stati emotivi della persona. Il cavallo, in modo particolare, sembra avere una sensibilità profonda nel percepire lo stato psichico del cavaliere, la sua intenzionalità, la sua energia e motivazione. Questa sua competenza è legata al potente legame tra il corpo dell'animale e quello del cavaliere: il cavallo percepisce la direzionalità dello sguardo, la reattività corporea, la pressione delle gambe, la durezza delle mani. Dunque è un animale molto fisico e per indole estremamente reattivo. Inoltre, come per qualsiasi oggetto transizionale, egli consente di far "transitare" altrui stati psichici su sé stesso: noi pensiamo che il cavallo sia nervoso se siamo nervosi o spaventati, pensiamo il cavallo mansueto se siamo mansueti rilassati sereni. Nulla di più vero - lo direbbe qualsiasi valido cavaliere - di leggere il cavallo secondo il proprio stato mentale del momento. Tali stati, gestiti dal tecnico di riabilitazione esperto nella lettura tanto della psiche animale che di quella umana, possono essere elaborati e curati. In tal senso l'animale diventa il contenitore di "elementi beta" (stimoli sensoriali non elaborati), che verranno "smaltiti" attraverso il ruolo educativo del tecnico di riabilitazione e riconvertiti in elementi alfa (stimoli emozionali) (Bion, 1963). Per fare un esempio: posso aver paura della reazione del cavallo, ponendo su di lui proiettivamente una dimensione di pericolo. Elaborando tale sensazione e comprendendo assieme al tecnico lo stato emotivo del cavallo potrò riconvertire tutto questo materiale in una mia emozione, sentirne il controllo, trasformarla in qualcosa di funzionale (ad esempio sfidare tale paura o elaborare la non pericolosità). Il cavallo si pone in un atteggiamento di "permesso", e si posiziona come oggetto al servizio del cavaliere. Allo stesso tempo esprime una sua intenzionalità, che implica un mettersi in relazione con un soggetto altro. In questo modo, la persona che lo cavalca riesce a porsi in uno stato di sospensione di giudizio e di interazione circolare: "io faccio una azione su di te e tu-cavallo ne fai una in risposta". Tale interazione, che ha una forte valenza comunicativa e metacognitiva ("pensare la mente/pensare il pensiero"), stimola il processo di pianificazione, anticipazione, problem-solving, e l' empatia (mettersi nei "panni dell'altro"). L'animale è presente e non giudica, accompagna e risponde. La posizione attiva-passiva è interscambiabile, è bilanciata, permettendo anche una funzione educativa rispetto alla dimensione di reciprocità e dialettica relazionale: "non vi è un servo e non vi è un padrone!" direbbe Hegel. A livello biologico diversi studi hanno dimostrato un effetto benefico nel contatto fisico con l'animale. Accarezzare un animale ha effetti calmanti, determinati dal fatto che il nostro cervello elabora tale stimolo come piacevole, con il rilascio di sostanze quali serotonina con funzione antidepressiva, determinante l'abbassamento della pressione sanguigna, il rallentamento del ritmo cardiaco e respiratorio, il rilassamento della tensione muscolare; si riduce la produzione di adrenalina e del cortisolo, potenti sostanze prodotte a livello corporeo in risposta a fenomeni di stress o di attacco/fuga (De Palma, 2007). Inoltre la cura dell'animale determina un atteggiamento di "care", che consente un decentramento dal sé e un orientamento sul mondo esterno. Il cavallo, in modo specifico, va gestito da terra e da sella: in entrambi i casi la motricità sarà ingaggiata in gestualità specifiche che portano il cervello a focalizzarsi sull'animale, con un effetto molto vicino allo stato di sospensione prodotto da alcune pratiche di mindfulness. Infatti il cavaliere deve obbligatoriamente organizzare i propri schemi mentali in risposta al momento presente, attiva un movimento consapevole, una gestualità orientata e una attenzione direzionata, per nulla casuale. L'equilibrio, la prassia, la postura, l'energia convogliano la mente al di fuori di sé stessa, e le continue modificazioni corporee determinate dai movimenti del cavallo obbligano a rimanere in contatto con lo stesso (Shurtleff e Engsberg 2010). Oltre alle evidenze rispetto alla riabilitazione di diverse funzioni cognitive (attenzione, orientamento spaziale, linguaggio, motricità fine e grossolana etc.), il movimento dell'animale è in sé trascinante e cullante, determinando una fusione con lo stesso, la creazione di un tutt'uno (Frank, McCloskey, e Dole 2011). In fondo, il cavallo è simbolo della parte inconscia più indomabile ma anche più intelligente e intuitiva; rappresenta l'energia vitale del movimento e del desiderio di cambiamento. Dunque anche da un punto di vista psicodinamico l'effetto terapeutico di gestire questo animale ha forti connotazioni simboliche, associate a dimensioni personali altamente soggettive. È terapeutico già domandarsi: "Con che scopo salgo a cavallo?"  Lì, nella risposta, si può forse rintracciare quale parte inconscia sia stia magari cercando di lenire o di far emergere. Quella aggressiva? Quella spaventata? Quella timida e insicura? Quello boriosa ed egocentrica? Quella onnipotente? Sicuramente una parte vitale ed energica, che è di aiuto profondo anche su problematiche di marcata disabilità.

Buona esperienza!

Bibliografia

Cirulli F, Berry A, Borgi M, Francia N, Alleva E (Ed.). (2011). L'agricoltura sociale come opportunità di sviluppo rurale sostenibile: prospettive di applicazione nel campo della salute mentale. Roma: Istituto Superiore di Sanità.

Cirulli F, Francia N, Alleva E. (Ed.). (2010) Terapie e attività assistite con gli animali in Italia. Attualità, prospettive e proposta di linee guida. Roma: Istituto Superiore di Sanità.

De Palma M. (2017). Pet therapy: il potere di guarigione degli animali. Quando avere un animale per amico può migliorare le condizioni di vita e di salute, edizione Armenia, Milano.

Francia N, Borgi M, Collacchi B, Cirulli F (Ed.). (2019). Metodologie per la valutazione dell'idoneità e del benessere animale negli Interventi Assistiti con gli Animali. Roma: Istituto Superiore di Sanità.

Frank, A., R. L. Dole, S. McCloskey. (2011). Effect of Hippotherapy on Perceived SelfCompetence and Partecipation in a Child With Cerebral palsy. Pediatric physical therapy 23:301-308.

Hegel, G.F.W. (1995). Fenomenologia dello Spirito, a cura di Vincenzo Cicero, ed. Rusconi, Milano, pp. 275-289.

Dal sito: Istituto superiore di Sanità, Interventi Assistiti con gli Animali, from: https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_opuscoliPoster_276_allegato.pdf, reperito in data Agosto 2021.

Scheggi, C. (2006). Pet therapy. I soggetti, le terapie le esperienze cliniche. edizione Olimpia, Sesto Fiorentino.

Settimo G. (2011). Pet therapy: gli animali che curano. Terapie e attività svolte con l'aiuto degli animali per la salute fisica e psicologica. Edizione Red, Milano. 

Shurtleff, T. L., J. R. Engsberg. (2010). Changes in trunk and Head stability in children with cerebral palsy after hippotherapy: a pilot study. Physical & occupational therapy in pediatrics vol 30(2).


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