L'UOMO SBENDATO AI TEMPI DEL COVID-19

13.03.2020


Mentre sono qui in studio, in attesa della chiamata di qualche mio paziente, che non posso vedere a causa delle norme restrittive determinate dalla condizione di emergenza del Covid-19, mi rendo conto della reale portata emotiva e degli strascichi psicologici che questo evento avrà. Il fatto stesso che io stia attendendo una chiamata, piuttosto che la visita diretta del mio paziente, è già indicativo di come questo virus ci cambierà tutti, mettendoci di fronte a obblighi di adattamento inevitabile. E a farne le spese saranno le persone più fragili; per fragili intendo non solo coloro che lo sono socialmente perché economicamente svantaggiati, o deboli, ma anche coloro che lo sono emotivamente perché difficilmente sono in grado di accettare l'adattamento, ovvero coloro che hanno una marcata resistenza ad adattarsi ai cambiamenti. Questo virus ci ha messi tutti di fronte alla nostra umana impotenza; un bello smacco in un'epoca in cui ci si sente tutti liberi di decidere di dare la vita o la morte a qualcuno. Questo virus ci ricorda che il nostro pianeta è solo un corpo celeste, tra milioni di miliardi di milioni di stelle vive e morte. E ce lo ricorda in modo diretto. In primo luogo portando a galla uno "shock sistemico", perché questo virus non attacca solo la salute ma dimostra la fragilità di alcuni nostri sistemi: quello sanitario, economico, l'idea allettante della globalizzazione, etc. Annalisa Di Clemente (2016) ci spiega come uno shock sistemico possa essere strutturato: "È dunque possibile ricondurre l'analisi del rischio sistemico a due eventi caratterizzanti tale fenomeno: lo "shock" e la "propagazione dello shock". Lo shock può essere definito come una qualunque modificazione o trasformazione strutturale di un sistema economico; mentre la propagazione viene interpretata come il meccanismo o il processo che trasmette tale modificazione allo stesso sistema o a sistemi economici differenti. Inoltre uno shock può essere locale o sistemico. Nel primo caso, la modifica interesserà solamente un sistema economico; nel secondo caso, più sistemi subiranno delle trasformazioni strutturali." Sostanzialmente mentre la crisi finanziaria del 2008 partiva dall'alto, dalle banche e dalla finanza, e colpiva la persona secondo una logica top-down; oggi la crisi parte dalla persona, in modalità bottom-up, ma fa implodere un intero sistema, che a caduta ne determina il crollo di un altro. Ecco perché le ricadute di questo virus si vedranno dopo la fine dell'emergenza, ed ecco perché secondo me non saranno solo ricadute distruttive. In questi giorni, infatti, si è molto parlato di terza recessione in Italia, di similitudine con il secondo dopoguerra. Ogni grande crisi ha determinato sempre momenti di regressione, questi sono evidentemente legati a meccanismi di automantenimento e salvaguardia, per cui nel momento in cui siamo spaventati difficilmente siamo portati ad attuare comportamenti di investimento emotivo ed economico. Questo atteggiamento è anche dovuto al principio della "dissonanza cognitiva" per cui tendiamo ad allinearci con il pensiero a ciò che viene a nostra ragione e al "bias di conferma" ovvero a cercare all'esterno solo variabili che vadano a confermare i nostri punti di vista. Ad esempio seppur spaventati, spesso cerchiamo di dar conferma a tali paure e le alimentiamo. In questi giorni mentre tutti temiamo di prendere il virus, pure continuiamo a crollare di rabbia di fronte ai limiti imposti dal governo, aspetto paradossale e che dimostra come si sta reagendo più emotivamente che razionalmente. Un altro meccanismo difensivo, che a livello cognitivo si chiama "bias di proiezione", è appunto la proiezione per cui diamo per scontato che gli altri la pensino sempre come noi. Questo evidenzia in questi giorni l'ampio dibattito tra chi smorza e ironizza e chi amplifica e predica. In realtà sia chi mette in campo una soluzione che l'altra, non fa che reagire in modo difensivo alla medesima angoscia: o si nega e si evita di sentirla, o ci si lascia cavalcare in toto dalla stessa. Ma questo virus soprattutto sembra mettere in crisi il "bias del presente" secondo cui si tende a prendere decisioni soprattutto in base alla soddisfazione immediata, perché purtroppo quello che ne deriverà sarà, per tutti, visibile solo a lungo termine. Sostanzialmente questa crisi ha mandato in tilt il nostro normale modo di vedere le cose. Ieri due illuminanti interventi di Walter Veltroni sul Corriere, dal titolo "Arriverà il dopovirus. Solo insieme ricostruiremo", e uno splendido intervento di Massini su Piazzapulita, hanno dato la chiusa alla mia idea di cosa sarà dopo. Entrambi questi interventi hanno sottolineato che questo virus potrebbe essere non la fine di qualcosa, ma l'inizio di altro, che se ben speso può diventare salvifico. Veltroni cita "il sole negli occhi" dei sopravvissuti al dopoguerra, e chiede a tutti noi di ricordare quel senso civico profondo, dato dalla "comunità di destino": siamo tutti nella stessa barca, il virus non seleziona il portafoglio o lo status sociale; e ci chiede di andare oltre l'odio, "la password" della modernità, citando sempre Massini. Lo stesso, nella stessa serata, fa un intervento bellissimo, romantico, denso di umanità. Mi ricorda con le sue parole lo scrittore ceco Kundera: "L'uomo attraversa il presente con gli occhi bendati. Può al massimo immaginare e tentare di indovinare ciò che sta vivendo. Solo più tardi gli viene tolto il fazzoletto dagli occhi e lui, gettato uno sguardo al passato, si accorge di che cosa ha realmente vissuto e ne capisce il senso". Bene, questo virus ha tolto il velo di Magritte, ha dato consapevolezza ai più. L'uomo di Magritte con quel suo velo è spersonalizzato. Questo virus ha dato di nuovo personalità, ha portato a galla due cose: tante storie umane e vere, che la cronaca oggi racconta, e tanti volti, tanti, anche quelli del nostro vicino che improvvisamente vogliamo vedere, perché la mascherina lo copre. Quella mascherina è una separazione, che ci ha sottolineato il fallimento del "social" e della "globalizzazione", intesi come massificazione, come perdita di un volto. Questo virus ci obbliga a vederci oltre la mascherina, tutti oggi fremono per uscire di casa, incontrarsi di nuovo, vivere, dunque per esserci fisicamente. Quanto ci ha illuminato questo virus! Veltroni cita il "dare solidale" come unica via di salvezza: anche questa soluzione è figlia del virus. Infatti per salvarci tutti ci è stato chiesto di rinunciare ognuno ai propri privati egoismi e mentre si scalpita per il senso di frustrazione e limitazione, si accetta anche che rinunciando stiamo salvando! Quanto è cristiano questo messaggio? In ultimo, Massini sottolinea un concetto profondissimo, che appunto toglie le bende agli occhi dell'uomo post-moderno o anche iper-moderno: la fragilità! Tutti noi stiamo diventando consapevoli della nostra fragilità, che non ha confine distanza o ceto. Quel senso di caducità ha permeato anche i giovani, e su questo dopo si dovrà molto lavorare: non si dovrà trasformare tale fragilità in smarrimento, paura, obnubilazione del futuro. Perché è nella speranza dei giovani che nasce la ricostruzione. Come ogni grande evento, questo virus è una possibilità, una epifania, che ci è data, per fare esperienza di noi in modo più alto, più vero. Ci aiuterà a conoscerci meglio, a conoscere chi siamo e a togliere la benda agli occhi del presente. Sta a noi ora sbendarsi!

RIFERIMENTI:

Annalisa Di Clemente (2016). Rischio sistemico e intermediari bancari. Stabilità finanziaria e rischio sistemico, pp.45-62.

Milan Kundera (1970). Amori ridicoli. Adelphi ed.

Walter Veltroni (2020): https://www.corriere.it/opinioni/20_marzo_11/arrivera-dopovirussolo-insieme-ricostruiremo-f17509b0-63b7-11ea-9cf4-1c175ff3bb7c.shtml

Stefano Massini (2020): https://www.la7.it/piazzapulita/video/10-cose-che-non-saranno-piu-uguali-il-racconto-di-stefano-massini-12-03-2020-313023

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